Programma

Pavia Intensive School for Advanced Graduate Studies

La drammaturgia occidentale dall’Antichità a oggi

Università di Pavia, Aula Bottigella
6 – 10 settembre 2021

 

 

Lunedì 6 settembre

chair Giuseppe Antonelli

 

9.00     Saluti introduttivi

9.30     Prolusione. I fattori costitutivi del dramma: tempo e persona

Guido Paduano (Università di Pisa)

10.30   Il teatro di Seneca ponte verso il moderno: forme e temi della tragedia latina

Maria Jennifer Falcone (Università di Pavia)

12.00   Illusione e finzione nel dialogo del Rinascimento: il caso di Sperone Speroni

Teodoro Katinis (Università di Gent)

13.00   Pranzo

14.30   Monteverdi drammaturgo aristotelico

Stefano La Via (Università di Pavia)

16.00 Riscritture secentesche della Sacra Rappresentazione: il caso di Giovan Battista Andreini

Fabrizio Fiaschini (Università di Pavia)

17.00   Laboratori

 

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Martedì 7 settembre

chair Fabrizio Fiaschini

 

9.00     Tra Firenze e Genova: eventi di drammaturgia per la festa di inizio Seicento

Simona Morando (Università di Genova)

10.30   Le scene di carcere nell’opera tra Sei e Settecento: un topos multimediale

Angela Romagnoli (Università di Pavia)

12.00   Nuove frontiere della filologia goldoniana

Marzia Pieri (Università di Siena)

13.00   Pranzo

14.30   Goethe nel teatro italiano: Dal Werther al Faust

Elena Polledri (Università di Udine)

16.00   Laboratori

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Mercoledì 8 settembre

chair Fabrizio Della Seta

 

9.00     Il melodramma romantico: istruzioni per l’uso

Fabrizio Della Seta (Università di Pavia)

10.30   Umorismo, “comique absolu” e operetta a Parigi nel Secondo impero

Emilio Sala (Università degli Studi di Milano)

12.00 Dall’opera letteraria alla scena musicale: anomalie dal contesto russo

Anna Giust (Università di Verona)

13.00   Pranzo

14.30   L’ideale del Gesamtkunstwerk tra filoellenismo e performance

Michela Garda (Università di Pavia)

16.00   Laboratori

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Giovedì 9 settembre

chair Donatella Mazza

 

9.00     Comporre per la scena nel XX secolo: verso il teatro musicale post-drammatico

Gianmario Borio (Università di Pavia)

10.30   Ich fordere die Merzbühne: il teatro nella idea di arte totale di Kurt Schwitters

Donatella Mazza (Università di Pavia)

12.00   Le Lettres portugaises dal romanzo secentesco al teatro contemporaneo

Laura Rescia (Università di Torino)

13.00   Pranzo

14.30   Fra crisi del dramma e postdrammatico: il nodo brechtiano

Gerardo Guccini (Università di Bologna)

16.00   Laboratori

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Venerdì 10 settembre

chair Stefano La Via

 

9.00     Sguardi trasversali sulla drammaturgia contemporanea

Guillermo Heras (Presidente della Asociación de Directores de Escena de España)

10.30   Il Perro del hortelano di Lope de Vega nell’Italia del ‘900, tra traduzioni e messe in scena

Paolo Pintacuda (Università di Pavia)

12.00   Drammaturgie dello schermo

Federica Villa (Università di Pavia)

13.00   Pranzo

14.30   Restituzione laboratori

 

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Laboratori

 

I laboratori si svolgeranno in presenza, e sarà necessario comunicare l’opzione scelta entro e non oltre il 15 agosto 2021 tramite l’apposito modulo reperibile sulla pagina Iscrizione.

 

Vera Cantoni (Università di Pavia)

Laboratorio di drammaturgia verbatim

Sperimenteremo in prima persona il ruolo della drammaturgia nel teatro verbatim, caratterizzato dall’uso testuale delle fonti documentarie. Divisi in gruppi, selezioneremo il materiale, ne determineremo la forma sul piano strutturale e su quello stilistico e ne immagineremo la resa scenica. Ogni passo del lavoro creativo sarà preceduto da un’introduzione teorica e poi condiviso e discusso.

 

Stefano Vizioli (Regista teatrale)

Suonare il palcoscenico

Il laboratorio intende accompagnare i partecipanti dentro l’officina creativa e produttiva dello spettacolo dal vivo e dell’opera, facendo emergere la pluralità dei linguaggi che li compongono e la varietà dei profili e delle maestranze che collaborano alla loro realizzazione. Verranno pertanto analizzati i mestieri del palcoscenico (dalla sovrintendenza alla direzione artistica alla direzione di produzione) e i ruoli artistici (il regista, i cantanti, il coro, il direttore d’orchestra, lo scenografo, il costumista, il light-designer), per passare poi al rapporto fra i testi, lo spartito, il canto e la recitazione, con particolare riferimento alla centralità del corpo e dello spazio, fino a toccare le esperienze sperimentali più estreme.

 

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Abstracts

 

Gianmario Borio

Comporre per la scena nel XX secolo: verso il teatro musicale post-drammatico

All’inizio del XX secolo il teatro musicale ha vissuto un mutamento di paradigmi che ha due radici: le innovazioni di Wagner e la sperimentazione nel teatro di prosa. Pelléas et Mélisande di Claude Debussy ed Erwartung di Arnold Schoenberg sono esempi significativi di questa trasformazione. Il processo storico si intensificò nella seconda metà del secolo con azioni scenico-musicali che adottano i principi di ciò che Heinz-Thies Lehmann definirà “teatro post-drammatico”. Come opere rappresentative di questa fase vengono prese in considerazione Intolleranza 1960 di Luigi Nono e Die Schachtel di Franco Evangelisti. In entrambi i casi, ma in modo diverso, la musica appare come parte di un’esperienza audiovisiva alla quale contribuiscono tutte le componenti teatrali.

 

Fabrizio Della Seta

Il melodramma romantico: istruzioni per l’uso

Con ‘melodramma romantico’ s’intende comunemente l’opera italiana del periodo che va dal 1810 al 1870 circa, un repertorio che comprende i capolavori ancor oggi più amati ed eseguiti nei teatri lirici di tutto il mondo. Proprio tale enorme popolarità ha ostacolato la comprensione di questa forma d’arte come arte drammatica. Per una tradizione esegetica prevalentemente letteraria, incentrata sul primato della parola poetica, era infatti difficile concettualizzare come drammatico un teatro basato sulla preponderanza della musica e del canto. La lezione si propone di mostrare come il melodramma sia una forma di teatro appartenente alla grande tradizione drammatica europea, che rientra a pieno titolo nella drammaturgia romantica. Grazie alla collaborazione di diversi mezzi espressivi (parola, canto, gesto, immagine), essa mette in scena problemi fondamentali della società in cui nacque e in gran parte ancora attuali.

 

Maria Jennifer Falcone

Il teatro di Seneca ponte verso il moderno: forme e temi della tragedia latina

Il corpus delle tragedie di Seneca costituisce un enigma sotto diversi punti di vista: problematica è la questione della rappresentazione scenica delle pièces; questi testi, trionfo del male assoluto, sembrano difficilmente conciliabili con la produzione filosofica dell’autore; ci sono dubbi anche sull’attribuzione di alcune delle tragedie tramandate. Seguendo i dettami oraziani dell’Ars Poetica e attualizzando sulla scena romana la grande esperienza teatrale greca di V secolo, Seneca compose drammi destinati a esercitare una grande influenza sulla cultura drammaturgica occidentale e delineò il carattere di personaggi che non smettono di affascinare e ispirare.

 

Fabrizio Fiaschini

Riscritture secentesche della Sacra Rappresentazione: il caso di Giovan Battista Andreini

All’interno del difficile processo di emancipazione della Commedia dell’Arte sul doppio versante della legittimazione poetico letteraria e della giustificazione etico morale, la via drammaturgica costituisce una delle strategie più frequentate dai ‘comici professori’ di fine Cinquecento e inizio Seicento. Nello specifico ci si focalizzerà sulla figura emblematica di Giovan Battista Andreini, la cui onnivora ed eccentrica produzione testuale (tragedie, commedie, pastorali, poemi, opere teoriche…) si sviluppa sempre nell’orizzonte programmatico di promuovere il profilo artistico ed etico morale dell’attore autore della Commedia dell’Arte, attraverso un complesso e articolato lavoro di rielaborazione e contaminazione di generi e di forme, come nel caso, qui analizzato, della sacra rappresentazione.

 

Michela Garda

L’ideale del Gesamtkunstwerk tra filoellenismo e performance

L’ambivalenza dell’ideale del Gesamkunstwerk, messa in luce da Th. W. Adorno, è un punto di partenza per indagare le contraddizioni tra la sua formulazione negli scritti wagneriani e la sua realizzazione compositiva e performativa.  L’intervento si articolerà in tre parti. Nella prima si esplorerà l’emergere della discussione estetica intorno alle opere che derivano dalla collaborazione tra le diverse arti (Diderot, Herder, Schlegel).  Nella seconda parte di   indagherà il rapporto tra l’orizzonte filoellenico in cui si colloca il concetto wagneriano di Gesamtkunstwerk negli scritti zurighesi e il successivo affrancamento delle questioni relative al rapporto tra poesia e musica e della definizione di dramma musicale da quelle riferite alla performance. La formulazione teorica verrà messa a confronto con le sue concrete applicazioni poetico-compositive sulla base di esempi dal Ring a dal Parsifal, riferiti sia al rapporto tra musica e parole sia a quella che è stata definita la metafisica dello sguardo. In conclusione, sulla base di questa esplorazione del concetto e dell’originaria applicazione del Gesamtkunstwerk, si prenderanno in considerazione le questioni relative alla sua ricezione nelle discussioni intorno alla definizione di intermedialità e di regia operistica.

 

Anna Giust

Dall’opera letteraria alla scena musicale: anomalie dal contesto russo (sulle traduzioni inter-semiotiche delle ‘piccole tragedie’ di A. S. Puškin)

Il libretto d’opera diventa uno dei capri espiatori della faida anti-italiana quando, nella Russia del secondo Ottocento in particolare, si sviluppa il desiderio di dar voce a una forma d’arte scenico-musicale autonoma rispetto ai modelli occidentali. Dalla Russia provengono, così, i primi tentativi di Literaturoper, nati dall’idea di musicare integralmente (o quasi) un testo letterario, senza passare per rielaborazioni librettistiche. In questa lezione saranno presi in considerazione alcuni esempi di questa forma applicati a testi del poeta Aleksandr Sergeevič Puškin (1799-1837), e in particolare dal ciclo delle ‘piccole tragedie’.

 

Gerardo Guccini

Fra crisi del dramma e postdrammatico: il nodo brechtiano

La posizione di Brecht risulta centrale e di svolta in tutte le principali teorie e sintesi storiche dedicate al linguaggio drammatico. Szondi afferma che il “teatro epico” risolve l’annosa crisi del dramma oggettivando un mondo teatrale in sé coerente e fondato sul radicale riassetto dei rapporti fra tematiche epiche e forma drammatica. Anche per Lehmann il modello brechtiano è assolutamente centrale, tanto che proprio il suo superamento determina l’avvio della fase “post-drammatica” che lo stesso studioso propone di definire con gli attributi di “post-epica” o “post-brechtiana”. L’affermazione e la dissoluzione del modello epico costituiscono, quindi, fatti di portata storica, che riguardano, non solo la drammaturgia del Novecento, non solo il teatro politico, ma l’organizzazione analitica dei processi compositivi in rapporto alla complessità materiale del teatro. Il presente contributo si propone di osservare l’azione svolta dall’opera brechtiana, inquadrandola in due distinte prospettive rispettivamente definite dalle relazioni scena/platea e dai rapporti infra-teatrali fra autore/regista e attori. Le prime evidenziano principi che verranno poi riattivati dal “teatro di narrazione”, i secondi sperimentano a tutto campo le funzioni del dramaturg rinnovandone il ruolo.

 

Guillermo Heras

Sguardi trasversali nella dramaturgia contemporanea

A partire da riflessioni personali sulla propia esperienza di scrittura drammatica, si affrontano una serie di questioni relative alla dialettica tra la dramaturgia del passato e le alternative del presente e del futuro, mostrando la condizione necessaria in qualsiasi forma di arte di muoversi tra tradizione e attualità.

 

Teodoro Katinis

Illusione e finzione nel dialogo del Rinascimento: il caso di Sperone Speroni

La cultura dal Quattrocento al Seicento ha fatto della simulazione e dissimulazione attraverso l’uso di maschere un’arte da applicare in ogni campo, e del dialogo una sua forma letteraria prediletta. L’identificazione dell’interlocutore come persona porta il dialogo vicinissimo al teatro. Tale caratteristica ha attratto molti studiosi, in Europa e in Nord America, verso le manifestazoni dell’arte dialogica e la teoria del dialogo nel Rinascimento, ma raramente la riflessione si è soffermata sulle implicazioni teoretiche più estreme della finzione dialogico-teatrale ancor prima del Barocco: la riduzione dell’intero mondo umano ad un gioco di illusioni più o meno convincenti. La lezione analizzerà il caso specifico di Sperone Speroni, con particolare attenzione al suo Dialogo della Discordia e alla sua Apologia dei Dialoghi.

 

Stefano La Via

Monteverdi drammaturgo aristotelico

I princìpi codificati nella Poetica di Aristotele, oggi più che mai sottovalutati dagli studiosi, possono in realtà fornirci più d’uno strumento critico-esegetico essenziale per la comprensione dell’intera drammaturgia musicale di Claudio Monteverdi. Non è un caso che nelle sue scelte poetiche il compositore cremonese abbia privilegiato autori cinque-seicenteschi d’avanguardia, quali Torquato Tasso e Battista Guarini, affermatisi anche fra i maggiori e più antidogmatici cultori della Poetica. Sulla stessa linea, seppure in tempi e contesti diversi, si può collocare ciascuno dei suoi librettisti d’opera: da Alessandro Striggio (Orfeo) a Giacomo Badoaro (Ritorno di Ulisse in patria), senza escludere il più sperimentale e trasgressivo Gianfrancesco Busenello (Incoronazione di Poppea). La prima parte della lezione sarà dedicata alla definizione storica di concetti e princìpi chiave quali “favola complessa”, “perturbazione”, “metabasi”, “peripezia”, “agnizione”, “scioglimento”, “catarsi”, e al loro rispettivo impatto nella complessiva struttura drammatico-musicale dell’Orfeo e del Ritorno; la seconda parte si soffermerà più in dettaglio sul Combattimento di Tancredi e Clorinda, “madrigale rappresentativo” nel quale la duplice lezione aristotelica del Tasso epico (Gerusalemme Liberata, XII: 52-62, 64-68) e teorico (Discorsi Dell’arte poetica e Del poema eroico) raggiunge il suo esito più alto e innovativo.  

 

Donatella Mazza

Ich fordere die Merzbühne: il teatro nella idea di arte totale di Kurt Schwitters

Kurt Schwitter fu uno degli artisti più ecclettici nel già molto eclettico panorama dell’avanguardia storica tedesca: pittore, grafico, performer e artista di installazioni, poeta, si occupò anche di teatro, inserendo i suoi progetti più rivoluzionari in un’idea di arte totale che fa di spazio, materiali, attori e pubblico elementi di una composizione dadaista che rompe tutti gli schemi.

 

Simona Morando

Tra Firenze e Genova: eventi di drammaturgia per la festa di inizio Seicento

La relazione prenderà in esame, dal punto di vista del testo, due tipologie di spettacolo. Un’opera per musica scritta da Jacopo Cicognini per Firenze, l’Andromeda, di cui si è rinvenuto un testimone manoscritto nuovo, e, sull’asse Firenze-Genova, alcuni testi da recitarsi cantando come intermezzi di feste danzanti per la nobiltà scritti da uno degli amici di Cicognini, il poeta savonese Gabriello Chiabrera, le cui Vegghie costituiscono una rara edizione opportunamente da studiare.

 

Marzia Pieri

Nuove frontiere della filologia goldoniana

Carlo Goldoni ha cercato da subito di affiancare al mestiere di poeta comico la difesa pubblica del proprio profilo di autore, padrone e responsabile dei suoi componimenti tradotti da copioni in libri, e ha promosso in vita ben quattro diverse edizioni delle sue opere, continuamente riscritte e aggiornate in contenitori diversi per un pubblico in crescita, che nella Pasquali era ormai diventato europeo. La straordinaria fortuna scenica e libraria che ha riscosso non è bastata tuttavia a riscattarlo dalla minorità del teatrante e a farlo accogliere nelle storie letterarie, ed è rimasto a lungo un classico dimidiato e misconosciuto. I suoi testi, abbandonati nelle mani dei comici, sono stati strapazzati, piratati e manomessi in tutti i modi, e solo tardivamente assemblati secondo una datata «filologia del cuore» incline a selezionare arbitrariamente, fra le varie lezioni disponibili, quella ritenuta più leggibile e accattivante. Il cantiere Marsilio dell’omnia, inaugurato nel 1993 in occasione del bicentenario della morte, e che ha al suo attivo più di 120 titoli in oltre 60 volumi, ha promosso una discussione critica, a tratti vivace e polemica, che ha ricostruito la stratificata officina drammaturgica goldoniana facendone un “caso” filologico metodologicamente esemplare.

 

Paolo Pintacuda

Il Perro del hortelano di Lope de Vega nell’Italia del Novecento, tra traduzioni e messe in scena

La fortuna del Perro del hortelano (ca. 1613) di Lope de Vega è un fenomeno molto interessante di come alcune delle numerose opere del teatro spagnolo classico siano riuscite a suscitare un interesse superiore alla media nell’Italia del Novecento. Nella circostanza, non si tratta solo dell’attenzione concessa al testo, da tradurre (magari commentare) e offrire al lettore; ma anche – soprattutto nel secondo terzo del secolo – del recupero scenico, che porta alla rappresentazione di una delle più gradevoli commedie del maggior drammaturgo spagnolo del Secolo d’Oro.

 

Elena Polledri

Goethe sulle scene italiane, origini e sviluppi contemporanei: il Werther, romanzo epistolare, commedia, melodramma, tragedia

L’intervento si soffermerà sulla ricezione teatrale del Werther in Italia, mostrando come a partire da fine Settecento il romanzo goethiano fu sottoposto nelle traduzioni e negli adattamenti teatrali, nonché nei libretti d’opera, a radicali trasformazioni. Alla presentazione dei primi adattamenti teatrali settecenteschi e ottocenteschi del romanzo, diventato presto in Italia commedia e melodramma, seguirà il confronto con alcune messe in scena contemporanee.

 

Laura Rescia

Riscritture contemporanee delle Lettres portugaises: il concetto di fedeltà nella transmodalizzazione cinematografica e teatrale

Oggetto del nostro intervento è un classico della letteratura francese secentesca epistolare, le Lettres portugaises (1669), nelle riscritture di un regista e studioso del Seicento francese, Eugène Green (2009), e di una drammaturga e attrice contemporanea, Louise Doutreligne (2009). Cercheremo di riflettere sul concetto di fedeltà nell’adattamento di un’opera letteraria, indagando le diverse tipologie di pratica citazionale e le modalità di transmodalizzazione operate dai due autori.    

 

Angela Romagnoli

Le scene di carcere nell’opera nel Sei e Settecento: un topos multimediale

La scena di prigione è uno dei topoi più fortunati della storia dell’opera: presente sporadicamente anche in altre forme di teatro in precedenza, con l’affermazione del sistema dei teatri impresariali si afferma universalmente nel mondo dell’opera come caratteristica del genere. Il carcere era una delle scene di dotazione dei teatri; era una cornice ideale per l’espressione di affetti forti, destinati a far presa sul pubblico; era la collocazione ottimale per il momento di massimo avviluppo del nodo drammaturgico; aveva il fascino dell’orrido. Era anche un topos pervasivo che si rifletteva in tutti i diversi linguaggi della scena: assai rilevante era l’aspetto visivo, che investiva sia la scenografia sia l’illuminotecnica; la musica aveva naturalmente la sua parte, e il testo poetico da un lato offriva il destro al compositore per ricorrere a soluzioni formali non scontate (per esempio arie monostrofiche, cavatine, recitativi accompagnati), dall’altro esibiva alcune specificità, ad esempio fonetiche, a completare l’effetto orroroso del tutto. La recitazione certamente aveva un ruolo, tenendo presente che la scena di carcere si può considerare il pendant operistico dei grandi monologhi del teatro di parola; e non manca, soprattutto nel Seicento, neanche la parodia e l’elemento comico. Un topos ‘multimediale’, dunque.

 

Emilio Sala

Umorismo, “comique absolu” e operetta a Parigi nel Secondo impero

Dopo il fallimento della rivoluzione del 1848, l’emergere delle operette di Hervé e Offenbach segna una trasformazione epocale del paesaggio culturale e musicale di Parigi. Come Kracauer ha scritto nel suo libro Jacques Offenbach und das Paris seiner Zeit (1937), la parigina “società da operetta” trovò forse la sua rappresentazione artistica più completa nell’“Offenabachiade”. Negli stessi anni, Baudelaire pubblicava alcuni saggi fondamentali sulla caricatura, il riso moderno e il “comique absolu” che, privo di ogni fine morale, è un’espressione o sintomo dell’“io diviso” baudelairiano. È possibile mettere a confronto il moderno riso autoriflessivo teorizzato da Baudelaire e lo spirito umoristico-parodistico delle operette di Hervé e Offenbach? Il mio intervento sarà un tentativo di rispondere a questa domanda attraverso l’esame di alcuni esempi tratti dalle pratiche metamusicali e dai cortocircuiti metalettici del ricchissimo repertorio ancora in gran parte sconosciuto dell’operetta francese della seconda metà dell’Ottocento.

 

Federica Villa

Drammaturgie dello schermo

Dalla tenda dietro la quale Pitagora si nascondeva, la superficie opaca dello schermo è stata tradizionalmente considerata come qualcosa che impedisce la visione e dunque come ciò che nasconde la verità. Al contrario, l’avvento del cinema ha mostrato che l’opacità di tale superficie è anche ciò che ci permette di vedere, così che luce ed ombra, tradizionalmente opposte dalla nostra cultura, non possono esistere separatamente. La lunga storia degli schermi, dalla parete della grotta preistorica fino ad arrivare ai display dei nostri device, è segnata dall’intrecciarsi di nascondimento ed esposizione, sottrazione ed esibizione, visibile e invisibile. E mai come ora, complice la pandemia, gli schermi sono diventati lo spazio dove le nostre esperienze costruiscono le proprie drammaturgie.

 

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